lunedì 26 ottobre 2009

Martin Soto Climent 'Laberintome' Galleria T293




In tutte le arti si dà una parte fisica che non può più venire considerata e trattata come un tempo, e che non può più venire sottratta agli interventi della conoscenza e della potenza moderne. Né la materia né lo spazio, né il tempo non sono più, da vent’anni in qua, ciò che erano da sempre. C’è da aspettarsi che novità di una simile portata trasformino tutta la tecnica artistica, e che così agiscano sulla stessa invenzione, fino magari a modificare meravigliosamente la nozione stessa di Arte.




Paul Valéry, Pièces sur l’art, Paris, (La conquête de l’ubiquité)
 
Una storia personale o comune può essere raccontata in molti modi. Può essere immaginata come un percorso lineare, che mira dritto verso un obiettivo. Oppure è una spirale che ruota intorno a se stessa. Senza sosta. Sempre identica e sempre diversa. Ma quando è una traccia cancellata, nascosta, occultata allora diventa simile a un labirinto difficile da districare. Laberintome” è la seconda personale di Martin Soto Climent alla galleria T293. L’artista messicano presenta una serie dilavori realizzati durante una residenza di circa un mese a Napoli. La mostra si svolge come un dedalo che ricostruisce una traccia della storia del suo paese d’origine. Punto di partenza di questa riflessione è un evento oscuro: l’eccidio di studenti durante una manifestazione in occasione delle Olimpiadi nel '68 in piazza delle Tre Culture a Città del Messico. Lo spazio della galleria si trasforma nello specchio della mente dell'artista e riflette i ricordi, le emozioni e unisce luoghi lontani e tempi diversi. La mostra inizia al piano terra, in una sala inaugurata da T293 proprio in questa occasione, che affaccia direttamente su via dei Tribunali, accanto all’ingresso della galleria, con l’installazione Marmoles oniricos, realizzata con blocchi di marmo legati insieme da collant per donna. L’artista elabora una dialettica che si basa sulla tensione costante di elementi opposti. La serie di lavori conduce lo spettatore in una dimensione rarefatta in cui gli oggetti sono potenziati nel loro significato. Al primo piano, la trama del labirinto procede attraverso la combinazione di elementi opposti tra loro ma complementari. Blind feathers (always fall), una tenda veneziana che si avvolge in una spirale posta sul pavimento e Silent rider, un tavolo da stiro e un paio di calze  sospesi al soffitto da un filo. La leggerezza e la gravità sono gli elementi contrapposti in relazione in questa coppia. L’installazione The host, realizzata da una superficie a specchio su cui sono posti un piumone e altri materiali è invece in analogia con Tres dardos extraviados, un lavoro su cui tre piume sono infilate sulla suola di una ciabatta. Il tempo presente e quello passato sono in un rapporto di tensione costante. In Following the wispers of my shadows, una scultura realizzata da un paio di stivali da cui balzano fuori delle calze e in  Estancias de polvo un’installazione realizzata da un indumento intimo che contiene un piatto sospesa nel mezzo della stanza grazie a un filo. Nell’ultima sala è esposto Blind window, un omaggio all’opera Etant donnés di Marcel Duchamp: una stanza oscurata da una veneziana in plastica da cui si intravede una struttura composta da l’ossatura di una sedia, alcuni scacchi, una fotografia e altri oggetti non percepibili direttamente allo sguardo dello spettatore. Martin Soto Climent compie una sorta di autoanalisi dell’atto creativo e attraverso questo procedimento scopre le estreme  possibilità del fare artistico.  









Martin Soto Climent “Laberintome”
Galleria T293
via dei Tribunali,293 – Napoli, Italia
info: +39 081 295 882
email: info@t293.it
website: www.t293.it




dal 7 ottobre al 14 novembre 2009



Immagini: Installation views
Foto: Danilo Donzelli
Courtesy: Galleria T293












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