martedì 3 novembre 2009

David Maljkovic/ Susanne M. Winterling_Fondazione Morra Greco





D. Maljkovic, After Giuseppe Sambito, 2009                                                              S.M.Winterling, Installation view show at  Fondazione Morra Greco, Courtesy the artist                                                                                                                        Courtesy the artist

Esiste un legame psicologico, che evoca l’idea freudiana di inquietudine, nel modo di intendere lo spazio fisico, una struttura reale tipo una casa o una stanza, come il luogo in cui si materializzano le emozioni nelle loro diverse sfumature.
La Fondazione Morra Greco ha inaugurato la stagione espositiva con la doppia personale di David Maljkovic (Rijeka, Croazia, 1973)  e Susanne M. Winterling (Rehau, Germania, 1970), a cura di Gigiotto Del Vecchio, nel segno di questa idea. La mostra condensa, attraverso i differenti percorsi costituiti dai due artisti, due tematiche fondamentali. La prima riguarda il rapporto tra l’individuo e l’ambiente, inteso come l'architettura che diventa lo specchio di uno stato della mente, denso di suggestioni ed emozioni. Il secondo motivo è il rapporto tra l’individuo e la storia. Le due mostre attraversano questi argomenti costruendo un itinerario bipartito, ma coerente all’interno della sede della Fondazione Morra Greco, il Palazzo Caracciolo d’Avellino.  Il percorso incomincia al piano terra e nel piano seminterrato dove espone Susanne Winterling che ha realizzato un progetto ispirato alla figura di Torquato Tasso, nato a Sorrento, ma vissuto anche a Napoli, proprietario non riconosciuto, insieme con il principe Caracciolo d’Avellino, di parte della dimora seicentesca. 
Mentre al primo piano David Maljkovic ha presentato una serie di lavori ispirati al padiglione italiano della fiera di Zagabria, progettato dall’architetto napoletano Giuseppe Sambito. Entrambi i lavori segnano un legame con la Fondazione che li ospita. Attraverso questa esposizione gli artisti introducono una questione che riguarda il ruolo dell’artista rispetto alla storia, intesa come memoria di un evento passato. La mostra suscita delle domande: può il passato essere cancellato? È veramente possibile cancellare la memoria di un evento e di una persona? Quanto è sano dimenticare?
La mostra di Susanne Winterling si svolge al piano terra al primo piano e nelle ex cantine del palazzo. L’intervento dell’artista accoglie lo spettatore all’ingresso – unica nota di disappunto è per lo stato di abbandono in cui verte il palazzo – con The stairs upon the servants, un tappeto rosso che introduce all’ingresso. Un lavoro al confine tra la strada e lo spazio della mostra e che segna uno scarto tra il contesto reale e condiviso e lo spazio della mostra che diventa il luogo in cui abitano le emozioni. All’interno del Palazzo l’artista tedesca presenta una serie di lavori dedicati a Torquato Tasso, l’autore della Gerusalemme Liberata, morto pazzo alla fine del Cinquecento. Tasso era figlio di Porzia de’Rossi, ma non condivise con la madre molto tempo perchè lei morì in circostanze oscure quando lui era ancora bambino. Il Palazzo Caracciolo d’Avellino era per metà di proprietà della famiglia de’Rossi e quindi passò in eredità a Tasso. Ma il principe Caracciolo non volle cedere il possesso della villa che fu a lungo oggetto di una lite tra i due. Una questione lunga e dolorosa per Tasso, da poco uscito da un ricovero per le gravi condizioni di salute mentale - Tasso era soggetto a stati di confusione e delirio, aveva visioni e manie di persecuzione. La questione si risolse in suo favore, ma il Principe Caracciolo anche in questo caso non volle riconoscere la legittima proprietà a Torquato Tasso che morì solo e pazzo a Roma.
La Winterling, che nella sua ricerca artistica esplora le vite interrotte di grandi esponenti della cultura, restituisce il ricordo di questo evento alla memoria collettiva. Una sorta di riscatto finale del poeta italiano che soffrì in vita l’emarginazione e la fuga, la paura e l’oblio della follia. Al piano terra sono esposti The building that reflects itself, un installazione che riveste il pavimento e le pareti del palazzo con una superficie specchiata e A gift for the aborted, due strutture triangolari di plexiglas su cui sono allestiti Natural reflection e Visual poem, stampe fotografiche a colori. Lo spazio espositivo diventa lo strumento attraverso cui si manifestano le emozioni, in relazione con le patologie dello spazio. Il palazzo è visto come lo specchio del disordine mentale di Tasso. Come accade ai nevrotici o ai soggetti panici per l’impressione dello spazio “indemoniato” o le distorsioni dello spazio domestico. Come in un incantesimo. Lo spazio stesso inizia a raccontare una storia e diventa il punto di incontro tra la dimensione del profondo e la superficie. Il trauma che l’artista provoca risveglia la coscienza dello spettatore. Nel piano delle cantine sono esposti Storm, una installazione sonora a loop, e due video installazioni in 16 millimetri Untitled (the artist as Torquato Tasso) e The sparks. Nelle primo il film riproduce l’artista in primo piano truccata e mascherata, mentre muove la testa a scatti, imitando lo stato di agitazione e sconvolgimento tipico dei malati, mentre la seconda pellicola riproduce l’esplosione intermittente di fuochi d’artificio.
L'artista interviene in un luogo di natura storica, sociologica e etnografica, ma soprattutto realizza uno spazio U-topico. Una zona di transito tra un posto e nessun posto, in cui la memoria agisce sul presente e in cui si affrontano i conflitti.
Al primo piano si svolge la mostra di David Maljkovic che instaura un dialogo con la storia utilizzando un linguaggio apparentemente normalizzato ma che sprofonda in uno stato di allucinazione perdendosi nella memoria. Maljkovic riflette sul passato della ex Yugoslavia utilizzando elementi architettonici di matrice utopica degli anni ’60 e ’70 e che sono stati il simbolo del regime comunista e del governo di Tito. Nelle video-installazioni These days, del 2005, e Last memories from These Days, del 2006, esposte nelle due sale estreme del corridoio al primo piano del Palazzo, l’artista croato costruisce una narrativa dilatata fino a far perdere consapevolezza della realtà. I video sono stati realizzati all’interno della costruzione di Giuseppe Sambito del padiglione italiano della fiera di Zagabria, attualmente in stato di semi abbandono e fatto costruire da Josip Broz Tito come esempio straordinario di scambio economico tra Est and Ovest. L’artista combina insieme sculture e video per creare la struttura dinamica che produce lo stato dei ricordi collettivi. 
I video hanno per protagonisti giovani ragazze e ragazzi esasperati da una parossistica dilatazione del tempo  all’interno del padiglione di Sambito. In queste video-installazioni i personaggi sembrano in uno stato di trance e si muovono lentamente in quesi padiglioni inutili, fiaccati dal lento trascorrere del tempo, dando luogo a conversazioni  estenuanti. Ogni oggetto simbolo del potere e di scambio economico è ridotto ad una struttura fiacca e vuota. 
Lungo la galleria di stanze After Giuseppe Sambito un’installazione realizzata specificamente per la mostra, Maljkovic ha realizzato delle sculture, grandi finestre di legno che contengono una fotografia della realizzazione in scala del Padiglione, manipolata digitalmente e il ramo di una palma. L’installazione è l’eco di un icona il Padiglione Italiano di Zagabria, monumento del successo economico che nel corso della sua storia ha subito la sconfitta dell’oblio.



David Maljkovic/ Susanne M. Winterling 
Fondazione Morra Greco 
Largo Avellino, 17  Napoli, Italia
per info: tel: +39 081 551 03 43 
mobile: +39 333 639 5093
email: info@fondazionemorragreco.com
website: www.fondazionemorragreco.com


dal 30 ottobre 2009 al 20 febbraio 2010

Foto: Danilo Donzelli





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