martedì 10 novembre 2009

L'opera d'arte nell'era delle nuove tecnologie

 






 








Giuseppe Penone
 ".....TRA....."
veduta parziale della mostra
Ottobre 2009
Courtesy Galleria Alfonso Artiaco, Napoli
                                    


















Marisa Argentato Pasquale Pennacchio 
" The Great White Hope", 2009
mixed media, cm 560x400x280 
Foto Polly Braden
Courtesy T293, Napoli               
 


Noli foras ire, in te ipsum redi, in interiore homine habitat veritas
(S. Agostino)
«Sai cosa dice quella scritta? - la frase latina Temet Nosce, scritta su un pannello di legno - "Conosci te stesso". Voglio confidarti un piccolo segreto: essere l'Eletto è come essere innamorato. Nessuno può dire se sei innamorato, lo sai solo tu. Te ne accorgi per istinto ». Così, nel film “Matrix”, l’Oracolo spiega a Neo cosa vuol dire essere l’Eletto in un mondo capzioso fatto di immagini ingannevoli. Neo è trascinato in una dimensione in cui la intensità delle percezioni e delle reazioni psicologiche ed emotive, scaturite dagli eventi, non corrispondono ad un orizzonte a tutti gli effetti reale. Un po’ come accade oggi, davanti alla tv. La suggestione è il media attraverso cui si svolge questa operazione che porta alla confusione tra realtà e immaginazione. L’intrusione delle nuove tecnologie nella vita quotidiana ha modificato i nostri orizzonti, creando alternative e trasformando le possibilità di apprendimento della mente umana. L’arte come artificio sviluppa un percorso parallelo alla diffusione di queste nuove modalità conoscitive. Si crede di assistere alla realtà, ma invece è una messa in scena, che imita a perfezione la vita vera.  Una sorta di deja veux della società dello spettacolo, in cui realtà e finzione si mescolano continuamente fino a far perdere gli orizzonti di riferimento. L’attenzione verso questa tematica mi ha spinto ad combinare insieme il percorso di alcuni artisti che, in maniera diversa, descrivono una evoluzione in questo senso. Traendo spunto dalla loro ricerca, come in una mostra virtuale, cerco di individuare il modo in cui si presenta il dualismo gnoseologico classico della filosofia occidentale che distingue tra ‘noumeno’, o cosa in sé, e ‘fenomeno’, ossia la cosa come appare.  Una questione che da Kant ha prodotto un irreversibile e lento indebolimento di un sistema ontologico del sapere. E che secondo Schopenhauer non garantisce l’esistenza del mondo se non come rappresentazione. L’unico modo per cogliere la verità, ossia l'ambito noumenico dell'essere,  è guardare in se stessi. Solo così si può scoprire un'altra dimensione dell'uomo e del mondo: la volontà. L’autoanalisi a partire dal proprio corpo sono una modalità di cogliere l’essenza delle cose, anzi di crearla. La poetica di Giuseppe Penone (Garessio, 3 aprile 1947; vive e lavora a Torino) è ricca di questa idea.  Nella mostra “…Tra…”, realizzata per lo spazio della Galleria Alfonso Artiaco a Napoli, Penone ha presentato un’installazione in bronzo che imita il tronco di un Pino spezzato a metà. Probabilmente colpito da un fulmine o interrotto dalla sua stessa cima. Il tronco è sollevato parallelamente dal pavimento tramite una struttura. Il simil-tronco è spezzato nel centro e perpendicolarmente alla rottura, sulla piattaforma grigia che sostiene l’opera, sono incise varie impronte di scarpa, sovrapposte l’una sull’altra. Simili alle rughe sulla corteccia dell’albero individuano le tracce del tempo che scorre. Il rapporto tra l’uomo e la tecnologia è al centro della poetica dell’artista. A partire da questo si dischiudono le infinite possibilità dell’uomo e il suo destino.
un pensiero tra gli altri,
tra la terra e il cielo,
tra il giorno e la notte,
tra orecchio e orecchio,
tra i piedi e i capelli,
tra il bianco e il nero,
tra due muri.

Scrive Giuseppe Penone. Pendant dell’installazione sono due pannelli di grandi dimensioni che riproducono a carboncino la trama della corteccia vegetale. Una traccia che si ripete identica a se stessa eppure unica allo stesso tempo. Simili alle impronte digitali segnano la vita o il destino di un uomo. L’azione dell’uomo e l’intervento nella realtà è mediato dalla tecnologia. Una azione forte, radicale e impercettibile. L’intervento sulla realtà diventa strutturale alla realtà come nel lavoro di Hany Armanious (Egitto, 1962; vive e lavora a Sidney in Australia), espsoto per la prima volta in Italia nella Galleria Raucci/Santamaria a Napoli. L’artista realizza delle sculture in resina che riproducono ogni singolo dettaglio di oggetti reali. Un falso indistinguibile anche allo sguardo più esperto. Il dipinto bianco in fondo alla sala, il tavolo con sopra la spugna di polistirene espanso e la pietra di quarzo, la canna di bambù, il tavolino ricoperto di segatura, ogni cosa è finta. Ma la reazione che provoca nella mente dello spettatore è vera. La sensazione che gli oggetti trasmettono e la percezione della realtà nell’insieme è più convincente del dato materiale. Ogni distinzione tra noumeno, cosa in sé o concetto, e la cosa come appare, percezione e struttura della percezione, è saltata, per essere sostituita da una possibilità nuova,  in divenire, in cui la realtà coincide con il continuo apprendimento di essa. Le composizioni, generate da una matrice surrealista, sono Vanitas fatte di elementi, che sembrano usurati dal tempo, formalmente sconnessi tra loro. Nella mostra alla galleria napoletana sono esposte combinazioni  in cui insieme agli oggetti in resina si confondono –è il caso di dirlo!- alcuni elementi in argento: una pallina che sembra carta argentata e dei baffi attaccati alla finta canna di bambù.  L’artista svizzero Ugo Rondinone (Berna, Svizzera, 1964; vive e lavora a New York), persegue la relazione complessa tra realtà e finzione. Le sculture in piombo imitano frutti, porte di legno, rotte e logorate dal tempo, pezzi di polistirolo bianco. Il piombo sostituisce materiali che in origine sono di densità radicalmente diversa. Il procedimento di Rondinone, a differenza che in Armanious, si svolge per contrapposizione dialettica. Pesantezza e leggerezza, ordine e disordine sono concetti opposti che si attraggono inevitabilmente, in un procedimento che inscrive l’opera in un orizzonte metafisico. L’essenza del tempo è il concetto limite che Rondinone mira a catturare nelle sue opere, mentre nel lavoro di Armanious le cose fluiscono naturalmente.
Ma il percorso dell’arte non è simile ad un qualunque altro metodo di sapere. Non tende solo alla Verità, ma direttamente a essa. La ricerca artistica di matrice concettuale opera su un orizzonte che riguarda il contesto in cui viene messa in atto l’opera e la sua massificazione. Nel progetto “The Great White Hope”, Marisa Argentato (Napoli, 1977) & Pasquale Pennacchio (Caserta, 1979) – vivono e lavorano tra Napoli e Francoforte - hanno realizzato lo stand della galleria che li rappresenta T293 di Napoli, in occasione dell’edizione 2009 della fiera internazionale di arte contemporanea Frieze di Londra. Lo stand completamente vuoto, bianco e disabitato è un luogo di transizione. Lo spazio svuotato di ogni merce fin dall’inizio della fiera disorienta. In realtà il luogo coincide con l’opera d’arte. Il contenuto e il contenitore sono in simbiosi, ma in un luogo assegnato allo scambio e al commercio apre una nuova possibilità per l’orizzonte dell’arte contemporanea. E’ un esperimento sul ri-dimensionamento dei luoghi destinati all’arte. Il cambiamento di parametri e di ruoli prestabiliti all’interno del contesto di fruizione dell’opera. In questo si individua la visione di un problema che riguarda la figura dell’artista in relazione all’opera e al destinatario. Un insieme complesso e che presenta infinite soluzioni possibili. 













 


















Hany Armanious
"Pot Black", 2009
resina, argento
80 ø, 93 h cm + 8 ø, 131 h cm
lavoro in 9 parti
Photo E. Velo 
C.sy Raucci/Santamaria Gallery Naples                                                        




                                                                         












Installazione della mostra di Ugo Rondinone 
“turn back time. let’s start this day again"
 Galleria Raucci/Santamaria Napoli 2008 
Photo E. Velo 
C.sy Raucci/Santamaria Gallery Naples  



____________________________________________________________________________________________













  



1 commento:

  1. è, anzi sono, recensioni davvero interessanti. l'arte più bella ha sempre preceduto e partorito l'evoluzione dei linguaggi, comprese le nuove tecnologie. L'insieme delle opere che produce è il luogo arti-ficiale in cui torniamo al centro del mondo, contemplando e modificando i rapporti di causa ed effetto.
    umberto giacometti

    RispondiElimina